La storia del Formaggio: Racconti Gustosi

Il Formaggio

Racconti Gustosi della Cucina di Milork

Un viaggio gastronomico in 4 date attraverso la storia.
Un’ occasione conviviale per esplorare insieme culture e popoli che hanno condiviso e reso celebre una delle invenzioni culinarie più straordinarie di tutti i tempi: il formaggio.

La Collaborazione

Questo progetto è il frutto dell’incontro tra due realtà locali dedite a preservare la tradizione e promuovere i sapori autentici del territorio, noi di Latteria Sant’Andrea e l’Antica Osteria Milork, che dal 1880 accoglie i suoi ospiti offrendo loro specialità locali.
Si è creata una collaborazione unica e affascinante, testimonianza della passione condivisa per l’arte di esaltare i sapori genuini della nostra terra.

In questa rassegna articolata in 4 cene ognuna incentrata in un periodo storico differente, avremo l’occasione di assaggiare ricette antiche rivisitate dalle mani sapienti di Simone e Nicola, gli chef di Milork,  i quali riusciranno a farci percorrere un viaggio nel tempo e nella cultura del formaggio dalle sue origini fino all’epoca moderna, affrontando le fasi più significative del rapporto di questo cibo incredibile, con la tavola e la cucina.

Avremo inoltre il piacere di ascoltare la narrazione degli eventi ad opera di un esperto di gastronomia, Giancarlo Coghetto. La sua profonda conoscenza e passione per il formaggio hanno arricchito il nostro percorso di scoperta, rendendo ogni dettaglio ancor più autentico e intrigante.

Il Cuore del progetto

Una storia fatta di usanze, tradizioni, folclori, leggende e memorie culinarie che si intrecciano con questo alimento straordinario, il formaggio, nato probabilmente nel III millennio a.C nell’antica Mesopotamia dalla curiosità umana di osservare, sperimentare e innovare.
Un alimento che prima di affermarsi nella cucina moderna ha dovuto superare profondi pregiudizi in particolare la cultura greca e romana antica lo definiva pericoloso per la salute (i sistemi di conservazione non erano ancora igienicamente efficienti), tanto da sconsigliarne il consumo o comunque ponendovi forti limiti qualitativi e quantitativi.

Ricotta: di natura fredda ed umida, migliore di puro latte e fresca, nutre il corpo e lo ingrassa, ma è di difficile digestione e provoca colica; per rimediare mangiare con burro e miele”, il formaggio vecchio, (stagionato), “dà il mal di pietra ai reni” dal Taccuino Sanitatis, Casanatense 4182, XIVsec.

A lungo mantenne il suo status di alimento “povero,” considerato una sostituzione della carne, un cibo di prestigio superiore riservata ai nobili. La Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa ed i loro calendari hanno avuto una grande influenza sulle abitudini di consumo; il consumo di carne era vietato per un terzo dell’anno per la maggior parte dei cristiani, e tutti i prodotti animali, comprese uova e latticini (ma non il pesce), erano vietati durante la Quaresima.

Le prime testimonianze dell’uso del formaggio nelle tavole nobili iniziarono a comparire tra il tardo Duecento e il Quattrocento nei ricettari di cucina. Inizialmente, il formaggio era un ingrediente in vivande elaborate, ma in seguito guadagnò maggiore importanza. Veniva persino servito come piatto principale durante i banchetti dei papi e i matrimoni delle famiglie nobili come i de Medici e gli Estensi, dove abbondanti porzioni di Parmigiano erano offerte ai commensali.

Dobbiamo attendere l’800 affinchè i prodotti caseari vengano ‘ufficializzati’ ed assumano un ruolo ben definito fino a divenire una delle prelibatezze più amate al mondo. Le sue origini affondano nel passato, ma il suo gusto delizioso continua a conquistare i palati di oggi.

Il formaggio è diventato un simbolo di creatività e ingegnosità umana nell’arte della cucina, un prodotto che ha unito le persone attraverso i secoli e che continua a deliziarci con la sua varietà di sapori e consistenze.

La Finalità culturale e sociale

Il desiderio di convivialità, di condivisione di cibo e vino buoni, la curiosità di  scoprire aneddoti del passato che accomunano la storia di tutti noi, sono la base di questo progetto strutturato in 4 cene, ma non ultimo è l’intento di dare sostegno alla formazione culturale delle nuove generazioni in ambito enogastronomico.

Parte del ricavato dell’evento sarà a tal fine, destinato alla creazione di una Borsa di Studio per premiare i giovani talenti dell’IPSSEOA G. Maffioli. Un’opportunità per valorizzare e sostenere le eccellenze di domani nel campo dell’enogastronomia.

Il progetto della borsa di studio beneficia del patrocinio del Comune di Nervesa della Battaglia, iniziativa che ha l’obiettivo di premiare e sostenere le eccellenze, offrendo loro l’opportunità di crescere e di portare avanti la tradizione gastronomica del nostro territorio.

Il Programma

la Storia del Formaggio nelle ricette del passato

Avremo il piacere di vivere questa bellissima esperienza presso l’Antica Osteria Milork a Nervesa della Battaglia, clicca qui per vedere come arrivare.

Ogni serata si aprirà con un buffet di formaggi di nostra produzione, armoniosamente accompagnati da confetture e composte provenienti da rinomate aziende locali, tra cui spicca il marchio Nonno Andrea.

Inoltre, tra le tante specialità in degustazione, avrete il piacere di assaporare i nostri formaggi insigniti del primo premio al Caseus Veneti 2023.

Le portate che compongono le varie cene saranno accompagnate da vini di qualità di Cantine del territorio.

Il costo per la partecipazione ad ogni serata è di 50€ , bevande incluse. 

Clicca sulle date degli eventi per scoprire il tema dedicato ad ognuno.

1 | Mercoledì 22.11.2023 - ore 20,00
La scoperta: il caglio, da dove tutto iniziò. Una scoperta che risale al III millennio a.C.

Il maestro casaro Dino Pozzebon ‘danzerà’ con la cagliata, creando l’essenza stessa del formaggio. Degusteremo fresche creazioni casearie e ci immergeremo in ricette dall’antica Roma, un viaggio gastronomico senza tempo.

APPROFONDIMENTO

Il formaggio è un’antica e affascinante creazione culinaria che ha attraversato secoli di storia, portando con sé un gusto delizioso e una nutrizione straordinaria. Ma come ha avuto inizio questa prelibatezza e quali sono le sue radici nella storia umana?

In termini molto semplici, il formaggio può essere spiegato come il risultato di una formula elementare: latte (di pecora, di capra o di vacca) + caglio. Tuttavia, la vera innovazione che ha arricchito l’alimentazione umana è stata la scoperta della cagliatura artificiale, ottenuta aggiungendo il caglio animale al latte dei mammiferi.

Per comprenderne appieno la portata rivoluzionaria, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino al periodo neolitico. Inizialmente, il latte cagliato non era direttamente associato alla produzione del formaggio e non aveva una datazione precisa. Le madri, fin dall’inizio della loro esistenza, hanno fornito il latte dai loro seni ai propri neonati, e il latte cagliato era una vista comune nei rigurgiti e nei “rutti” dei piccoli.

Successivamente, durante il Neolitico, i pastori e gli allevatori spesso osservavano il latte cagliato nello stomaco dei loro ruminanti lattanti, ogni volta che li macellavano. Tuttavia, è improbabile che le madri del Paleo-Mesolitico o gli allevatori del Neolitico avessero già un nome specifico per il latte cagliato, poiché l’assegnazione di un nome implica sempre l’identificazione di un concetto socialmente utile.

2 | Mercoledì 17.01.2024 - ore 20,00
Da cibo ‘povero’ alle tavole dei dogi: dal Medioevo al Rinascimento.

Nell’epoca d’oro, quando la Serenissima Repubblica di Venezia reggeva il destino delle merci e delle prelibatezze, il formaggio si elevava al rango dell’aristocrazia, iniziando a comparire sulle tavole dei nobili. Esploriamo le ricette di Mastro Martino tratte dal suo “De arte coquinaria” del 1450.

APPROFONDIMENTO

Dalla Rinuncia Monastica alle Delizie Veneziane

Nell’Alto Medioevo, una fase iniziale è caratterizzata da un’involuzione nell’uso del formaggio. In questo periodo, la tradizione latina e la produzione di formaggio si mantengono principalmente nei monasteri, insieme ad altre pratiche, come la coltivazione della vite. Questa situazione segna un’epoca in cui il formaggio era prevalentemente relegato ai monasteri.

La rivalutazione medioevale

Tuttavia, con il passare del tempo, soprattutto nel Tardo Medioevo, il formaggio inizia a guadagnare apprezzamento e ad apparire sulle tavole nobiliari. Si avvia un processo di “nobilitazione” del formaggio, che comporta una rivalutazione economica, culinaria e culturale del prodotto. Questo percorso è strettamente legato al modello alimentare monastico dell’epoca.

Il modello alimentare monastico poneva l’accento sulla rinuncia, totale o parziale, al consumo di carne, sostituendola con alimenti alternativi come pesce, uova e appunto, formaggio. Questa pratica si estese oltre ai monasteri, coinvolgendo tutta la società cristiana a causa delle normative ecclesiastiche, che imponevano periodi di rinuncia durante l’anno, come la quaresima e l’astinenza settimanale. Queste scelte comportarono notevoli cambiamenti nella dieta e nel ruolo sociale dei prodotti alimentari, inclusi i formaggi.

Il formaggio, da un lato, mantenne il suo status di alimento “povero,” considerato una sostituzione della carne, un cibo di prestigio superiore. Dall’altro lato, il formaggio divenne un elemento primario nella dieta, ricevendo una maggiore attenzione, sperimentazione e ricerca innovativa.

La Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa ed i loro calendari hanno avuto una grande influenza sulle abitudini di consumo; il consumo di carne era vietato per un terzo dell’anno per la maggior parte dei cristiani, e tutti i prodotti animali, comprese uova e latticini (ma non il pesce), erano vietati durante la Quaresima .

Le prime testimonianze dell’uso del formaggio nelle tavole nobili iniziarono a comparire tra il tardo Duecento e il Quattrocento nei ricettari di cucina. Inizialmente, il formaggio era un ingrediente in vivande elaborate, ma in seguito guadagnò maggiore importanza. Veniva persino servito come piatto principale durante i banchetti dei papi e i matrimoni delle famiglie nobili come i de Medici e gli Estensi, dove abbondanti porzioni di Parmigiano erano offerte ai commensali.

Fin dal XIII secolo, le tariffe dei pedaggi e le gabelle documentano la circolazione di formaggi di qualità differenti sulle strade italiane e oltre, raggiungendo mercati distanti dalle loro regioni d’origine. Durante questi secoli, due tipi di formaggio predominavano in Italia: il Marzolino, di origine toscana, e il Parmigiano, dalle regioni cisalpine. Tuttavia, l’evoluzione della produzione di formaggio non si fermò qui.

A partire dal XII secolo, nelle Abbazie del nord Italia emersero nuove varietà di formaggi come il Montasio, il Grana e la Mozzarella di bufala, che con il tempo sarebbero diventate parte del patrimonio culinario italiano (citazioni all’Abbazia di Nervesa).

Il successo rinascimentale

Venezia, una città celebre per l’arte, la cultura e l’adulterio, ha sempre goduto di una reputazione singolare. Nel Cinquecento, le cortigiane veneziane erano apprezzate non solo per la loro libertà di costumi ma anche per la loro cultura e raffinatezza. La città era famosa anche per le sue feste e il Carnevale, che attiravano numerosi visitatori, contribuendo allo sviluppo del fenomeno della prostituzione, controllato dallo stato e utilizzato per il mantenimento dell’ordine pubblico.

Cosa c’era nelle tavole delle cortigiane in quel periodo?

Il formaggio non era solo un alimento, ma anche oggetto di ammirazione. Ercole Bentivoglio, un autore del Cinquecento, elogiò il formaggio in versi, attribuendogli un ruolo primario nella nutrizione umana e sottolineando la sua nobiltà sociale, contrapponendola alle opinioni di chi lo riteneva volgare adatto a persone con uno stile di vita energeticamente dispendioso (lavoratori in genere). Egli gli rende piena giustizia, sottolineandone anche le virtù afrodisiache. Perché non immaginare, allora, una presenza importante dei caci sulle tavole delle belle cortigiane?

Formaggio, è ‘l primo nutrimento umano

Sprezzato sol da gente cieca e grossa,

Che dice che gli è pasto da villano,

Perché la forza ne mantien ne l’ossa;

E non cred’io, che l’uom senza mangiarne

Compiutamente esser gagliardo possa.

Che più che tordi e che fagiani e starne

Giova il formaggio a far la buona schiena,

Più che vitel e bue, più ch’altra carne.

L’amante tutta notte si dimena

Senza posar mai con la sua amica,

S’egli un buon pezzo n’ha mangiato a cena.

Nel frattempo, la tradizionale supremazia del latte e dei latticini di pecora e di capra comincia a vacillare. L’uso di mescolare latte pecorino e latte vaccino, attestato da Pantaleone (Pantaleone da Confienza, medico, autore del più antico trattato conosciuto sul latte e i latticini, la Summa lacticinorum, pubblicata nel 1459.) come pratica recente, è il segno di una cultura alimentare in movimento, che dedica sempre più attenzioni al capitolo dei latticini.

Venezia era la principale via di scambio tra Oriente e Occidente, introducendo ingredienti esotici come zenzero, cannella, noce moscata, cardamomo e zucchero nella sua cucina. L’uso delle spezie, tipicamente orientale, divenne una caratteristica distintiva della cucina veneziana, un’abitudine che sarebbe continuata nei secoli successivi.

Il riso, importato dall’oriente, diventò un elemento chiave della cucina dei nobili veneziani nel Cinquecento. Il piatto “risi e bisi, magnar da Doge” (riso e piselli) divenne un’icona delle festività veneziane, incluso nella festa di San Marco a palazzo Ducale servito al serenissimo Doge. A fine cottura veniva mantecato con burro e parmigiano gratuggiato. Carlo Goldoni, nel suo lavoro, menziona i “cento risi cola quagietta.”

Venezia, tuttavia, aveva una cucina che spaziava dalla semplicità, con piatti basati su sottoprodotti della macellazione, a preparazioni più elaborate, come la “sopa coada,” la zuppa di ostriche e l’anatra ripiena, insieme a una varietà di prodotti dolciari.

I banchetti veneziani in occasione di visite di principi e ambasciatori stranieri erano famosi, con i “trionfi di zucchero,” utilizzando zucchero importato dalla Turchia, che Venezia aveva il monopolio di.

La cucina veneziana non si limitava alla terra ma il ruolo del pesce era ovviamente determinante nelle tavole; la selvaggina cacciata veniva cucinata allo spiedo e farcita di odori. Queste tradizioni culinarie hanno resistito nel tempo, e piccoli uccelli come le quagliette vengono ancora infilati in spiedini alternati con pezzi di carne di maiale e serviti con polenta.

Le tecniche di conservazione erano cruciali nella cucina veneziana. Oltre agli insaccati, erano disponibili carni di storione, tonno e baccalà nei mercati. Il baccalà, uno degli ingredienti più emblematici della cucina veneta, ha una storia che risale al 1432, quando Pietro Querini, un mercante veneziano naufragò in Norvegia e scoprì lo stoccafisso. Nel 1563, il Concilio di Trento impose l’astinenza dalla carne per 200 giorni, rendendo lo stoccafisso una pietanza magra molto popolare. Il baccalà mantecato, una prelibatezza veneziana, è preparato con stoccafisso, olio d’oliva, aglio, alloro, limone, sale e pepe.

La cucina veneziana non era solo famosa per il formaggio e il pesce, ma anche per la frutta e la verdura, spesso provenienti dall’Oriente. Prodotti come il cavolfiore, gli spinaci, i carciofi e le castraure di Sant’Erasmo arricchivano le tavole veneziane.

Il Mercato di Rialto era il centro della cucina veneziana, dove si potevano trovare prodotti freschi come carne, pesce, formaggi, pane, dolci e molto altro. Questo mercato era una festa per gli occhi e il palato, riflettendo la ricchezza della cucina veneziana.

Il Morlacco risale ai tempi della Serenissima, epoca nella quale i Veneziani erano tra i più importanti commercianti di stoffe e spezie del bacino del Mediterraneo.

La parola “Morlacco” deriva dal nome del popolo dei Morlacchi, provenienti da una zona montuosa situata tra l’Istria e la Dalmazia, al di là del canale della Morlacca o Morlacchia. Si dice sia stato inizialmente preparato secondo l’usanza dei morlacchi, poopolo nomade emigrato dal Mar Caspio nel XIII secolo, presenti sul massiccio del Grappa già nel periodo della Repubblica di Venezia, abili pastori e bravi produttori di lane e formaggi. (Lo ritrovamo nelle fonti a partire dal XIX sec.)

Per questo i Nobili della Serenissima gli permisero di insediarsi sul massiccio del Grappa. Trovarono pascoli ricchi di fiori e poveri di acqua simili a quelli della loro terra.

In conclusione, la cucina veneziana è una fusione affascinante di storia, cultura e influenze culturali, che si è evoluta attraverso i secoli. Il suo uso innovativo del formaggio, il ricco patrimonio di piatti a base di pesce, il contributo delle spezie orientali e la creatività culinaria hanno reso la cucina veneziana un’esperienza gastronomica unica che continua a deliziare i palati di tutto il mondo.

3 | Mercoledì 21.02.2024 - ore 20,00
La rivoluzione Gastronomica dell’800: i formaggi conquistano le tavole della borghesia.

L’arte culinaria, nata nell’800, si evolve come un raffinato canto che incanta i cuochi di oggi. Le parole di Artusi, in questa sinfonia di sapori, guidano la creazione di ricette straordinarie per la serata.

APPROFONDIMENTO

Oggi, con l’avvento dei social, le cose sono così semplici e quasi scontate: il cibo, il suo consumo e la sua preparazione sembrano essere diventate una delle nostre maggiori pre-occupazioni quotidiane e lasciano molte tracce; ci sarebbe da invidiare gli storici del futuro, e tuttavia andrebbe considerato come anche l’ipertrofia possa avere risultati simili alla scarsità.

Il problema è che la cucina è stata per secoli essenzialmente una pratica e ha lasciato dietro di sé rare tracce lontane dal concetto moderno di ricettario.

La questione formaggi che più ci preme in questo momento, è stata poco dettagliata  nei ‘trattati’ di cucina, certo, di come occorresse una spolverata di formaggio grattugiato per l’ottima riuscita della ricetta erano già presenti notazioni nei ricettari municipali di fine Settecento.

Ma quando si giunge a quello che più si avvicina all’attuale giallozafferano.it?

In Italia dovremo attendere il 1891 per raggiungere una svolta, quando cioè venne pubblicata La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene, di P. Artusi. Fu la prima opera letteraria italiana dell’Ottocento a rifiutare i limiti culturali e puntare alla completezza e alla valorizzazione della cucina italiana. Il capostipite di una vera e propria cucina italiana codificata e libera dai regionalismi vincolanti fu proprio Pellegrino Artusi.

Milleottocento e i formaggi nella tavola borghese

Con il Milleottocento il formaggio, sia pure con difficoltà e contrasti, entra a pieno titolo nella gastronomia della tavola. Questo è principalmente dovuto alla migliore qualità dei prodotti e ad una maggiore uniformità della produzione, che non è più familiare o casalinga ma che avviene in caselli o caseifici nei quali si applicano le nuove conoscenze sulla caseificazione che derivano anche dallo spirito illuminista del secolo precedente. Come nel Medioevo erano stati i monaci francesi delle Abbazie cistercensi a migliorare la produzione di latte vaccino, anche nel Milleottocento è la Francia che fa da capofila nell’evoluzione qualitativa dei formaggi e nella loro entrata nella gastronomia.

Il XIX secolo vede il fiorire della gastronomia borghese che avrà il suo culmine nel periodo della Belle Époque. All’inizio del secolo nei negozi di alimentari di Parigi dominano cinque o sei formaggi a pasta dura di più o meno lunga stagionatura e che resistono ai lunghi viaggi come Gruyère, Chester, Parmigiano o a pasta tenera come il Neufchâtel e il Roquefort, con prezzi che superano quelli della carne. Pian piano e con alti e bassi nei decenni successivi si aggiungono altri formaggi e quando Émile Zola scrive il romanzo Ventre de Paris (1873) oltre ai formaggi Gruyère, Chester, Parmigiano Neufchâtel e il Roquefort cita i formaggi Brie, Romantour, Monts-d’or, Troyes, Camemberts, Limbourg, Marolles, Pont-l’èvêque, Livarots, Olivets, formaggi di capra e formaggi quadrati diversi. Una sinfonia di formaggi che sembra aver conquistato la gastronomia francese, ma anche la tavola anche se vi sono ancora dei contrari come Alexandre Dumas che nel suo Le Grand Dictionnaire de la Cuisine (1870 – 1873) del formaggio afferma che “non si potrebbe mangiarne molto, perché è indigesto e anzi, a volte, pericoloso”.

Tra gli estimatori dei formaggi a tavola vi è indubbiamente il grande gastronomo francese Anthèlme Brillat-Savarin (1755 – 1826), autore di un estroso trattato, La Physiologie du Gout (1825) (La fisiologia del gusto) che mescola nozioni scientifiche, aforismi, riflessioni filosofiche, aneddoti e consigli tra cui “Un dessert senza formaggio è come una bella donna a cui manchi un occhio”. Un’affermazione che suscita una lunga discussione che arriva fino alla seconda metà del secolo successivo e che può essere sintetizzata nel dilemma “a fine pranzo, formaggio, frutta e dolce, in quale ordine?”.

Chatillon-Plessis (La vie à table à la fin du XIX° siècle – Firmin – Didot, Paris, 1894) sentenzia che il pranzo finisce con il tramezzo di verdure, il formaggio è portato in tavola come tramezzo di transizione fra il pranzo e il dolce e il dessert viene in tavola dopo il formaggio. Quindi bisognerebbe intendere giusta la successione come formaggio, dolce e infine la frutta che, come al tempo dei romani, chiude il pranzo (Ab ovo usque ad mala: dall’uovo fino alle mele come dice anche il poeta Orazio).

Di diverso avviso è Pellegrino Artusi che ne “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiare Bene” (prima edizione 1891) nelle Note di Pranzi segue la diversa successione di dolce, frutta e formaggio.

Nel secolo successivo vi è ancora chi sostiene che, secondo il galateo (ma quale?) il pranzo termina con il dessert con il seguente ordine di dolce, formaggio e frutta, anche se i formaggi sono frequentemente serviti prima del dolce, o addirittura eliminati lasciando il posto al dolce e alla frutta.

Gastronomia attuale dei formaggi

Nel secolo ventesimo, soprattutto nella seconda metà, e nell’attuale ventunesimo secolo il formaggio è completamente uscito dalla barbarie pastorale e a pieno diritto è entrato a fare parte dell’attuale più elegante alta cucina.

Grazie alla grande disponibilità di formaggi di grande qualità e ai diversi modi di mangiarli, questi alimenti entrano negli Aperitivi e negli Apericena, uno o più formaggi o il Tagliere dei Formaggi diventano una portata principale, se non un pranzo o una cena veloce, e si elabora un Galateo dei Formaggi. Il formaggio in questo modo, e con le sue quasi infinite varietà di gusti, sapori e aromi, è diventato un alimento di pregio e come tale è consumato in una sempre più raffinata gastronomia, ma questa è un’altra storia.

4 | Mercoledì 20.03.2024 - ore 20,00
Un tratto di storia inedita: il formaggio nel 2024 attraverso le vostre ricette.

Condividi il Tuo Ricordo Gastronomico
Attraverso i vostri racconti, il formaggio diventa il poeta dei palati. Condividete i vostri ricordi a tavola, e noi li trasformeremo in versi gastronomici, tessendo una nuova storia di sapore e passione.

Vogliamo rendere ogni partecipante protagonista di questo affascinante viaggio culinario attraverso racconti e esperienze personali. Condividete con noi il vostro miglior ricordo legato a un piatto a base di formaggio che vi abbia sorpresi per il suo gusto straordinario, gli audaci abbinamenti, la sua originalità o la storia che racchiude al suo interno.

Le tre storie più interessanti e stuzzicanti verranno selezionate dai nostri chef e saranno presentate durante l’ultima serata intitolata ‘Un tratto di storia inedita: il formaggio nel 2024 attraverso le vostre ricette.’ del 20 marzo 2024.

Questa serata rappresenterà un’occasione unica in cui scriveremo un nuovo capitolo della storia della gastronomia, unendo le vostre storie e le nostre abilità culinarie creeremo un’esperienza indimenticabile.

A tavola con la tradizione casearia dal 1936

Quattro appuntamenti all’insegna della convivialità e della buona cucina.

Un’occasione per esplorare e approfondire la conoscenza di un alimento che ha guadagnato un ruolo centrale nella nostra cucina, catturando il cuore di tutti con la sua straordinaria diversità: il formaggio.

I formaggi impiegati nelle ricette storiche reinterpretate dagli chef dell’Osteria Milork sono frutto del lavoro artigianale, ottenuti esclusivamente dal latte delle nostre mucche, garantendo una qualità al 100% italiana.